C’è voluta un’emergenza come quella da Coronavirus per riportare all’attenzione delle aziende e dei manager il tema dello smart working.
In una situazione emergenziale, infatti, lo smart working è stato percepito come l’unica soluzione immediata in grado di prevenire una possibile paralisi di tutti i settori merceologici.
Paralisi che, in verità, le aziende ancorate a un’organizzazione del lavoro tradizionale l’hanno subita.
In Italia, in particolare, il Covid ha portato a una vera e propria crisi, causando il fermo di molte aziende e attività.
Cosa dice la normativa sullo smart working oggi?
Lo stato d’emergenza è stato prorogato al 15 ottobre, prolungando la possibilità per le aziende di ricorrere allo smart working in forma semplificata, cioè a prescindere dall’accordo tra datore di lavoro e dipendente.
Inoltre, l’accesso allo smart working fino al 15 ottobre è prioritario per determinate categorie di dipendenti, come:
- disabili gravi o quelli che hanno un disabile grave nel proprio nucleo familiare
- soggetti che, sulla base di una valutazione del medico competente, siano maggiormente esposti a rischio di contagio, in ragione dell’età o della condizione derivante da immunodepressione, da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di terapie salvavita o, comunque, da altre malattie in corso.
Con un’importante eccezione: il diritto allo smart working per i lavoratori genitori con almeno un figlio minore di 14 anni, previsto dal decreto Rilancio, vale solo fino al 14 settembre, data che coincide con la riapertura delle scuole e con il venir meno della gestione e della cura dei figli da parte dei genitori durante le ore di lavoro.
Le aziende, comunque, per tutta la durata dello stato d’emergenza, sono invitate a privilegiare il regime di smart working rispetto nei casi in cui le mansioni lavorative lo consentano.
Cosa ci dicono i dati sullo smart working nelle aziende italiane?
Ai fatti emerge che i progetti di smart working nelle aziende italiane risultano ancora poco diffusi.
I dati dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano ci dicono che la crescita dello smart working è del:
- 58% tra le grandi imprese
- 12% tra piccole e medie imprese
Tra le motivazioni che guidano l’attivazione dei progetti di smart working ci sono:
- il miglioramento del benessere organizzativo, indicato da un’impresa su due
- il miglioramento dei processi aziendali (26%).
Fra le ragioni che invece inducono le Pmi a non mostrare interesse per lo smart working, spiccano:
- la difficoltà di applicazione di questo modello alla propria realtà (68%)
- la resistenza dei capi (23%).
Tra chi ha sperimentato lo smart working, ben il 76% si è detto soddisfatto del proprio lavoro e pienamente coinvolto nella realtà in cui opera.
I principali benefici riscontrati dall’adozione dello smart working sono:
- il miglioramento dell’equilibrio tra vita professionale e privata (46%)
- la crescita della motivazione e del coinvolgimento dei dipendenti (35%).
Tra le criticità maggiormente percepite dagli smart worker:
- la percezione di isolamento (35%)
- le distrazioni esterne (21%)
- i problemi di comunicazione e collaborazione virtuale (11%)
- la barriera tecnologica (11%).
Come gestire al meglio lo smart working dopo il Coronavirus
Non è possibile fare previsioni sul futuro dello smart working, ma ci auspichiamo che esso non subisca una battuta d’arresto dopo la fine dell’emergenza.
Una volta che l’emergenza sanitaria da Covid sarà terminata (ci auguriamo presto) è bene che lo smart working torni il prima possibile alle regole ordinarie previste dalla legge 81/2017, fondate sul libero accordo delle parti, o che sia prevista una nuova disciplina unitaria, basata su nuove contingenze e contesti.
Come fare per restituire ad aziende e lavoratori lo smart working nella sua natura flessibile?
Per farlo bisogna superare la banale accezione di lavoro da remoto e fare leva non soltanto sull'equilibrio tra vita professionale e privata, ma soprattutto sull’aspetto organizzativo derivante dalla gestione dello smart working e sugli aspetti tecnologici.
Lo smart working è infatti una rivoluzione che coinvolge persone, spazi, cultura manageriale e tecnologie. È un percorso di trasformazione profonda dell’organizzazione di un’azienda, che richiede investimenti in tecnologia e ridefinisce le modalità di vivere il lavoro e il sistema di valutazione, basato non più sulla presenza fisica ma sui risultati, le performance finale.
Sono ancora poche le organizzazioni che interpretano lo smart working come una progettualità completa e che conoscono adeguatamente i diritti e i doveri dei lavoratori, le regole e gli strumenti tecnologici per abilitare questa modalità di lavoro in totale sicurezza e nel lungo periodo.
Vuoi iniziare a lavorare su questi aspetti e dare alla tua azienda delle regole indispensabili per abilitare lo smart working e apportare benefici ai tuoi lavoratori?
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