Dallo scoppio della pandemia nel 2020, sono ben due anni che le aziende italiane si sono trovate ad adottare un metodo di lavoro a loro pressoché sconosciuto: lo smart working.
Difatti l’Italia non è mai stato uno dei Paesi leader nell’applicazione di pratiche di hybrid work ed è sempre stata molto legata al territorio, agli uffici. In qualche modo, si è sempre pensato che tenere le risorse legate ad uno spazio di lavoro potesse migliorare le performance lavorative, grazie a un controllo maggiore da parte dei superiori.
Oggi però lo smart working è diventato sia una necessità sia una richiesta da parte dello stesso personale. Con il Decreto Aiuti Bis il lavoro agile è stato anche ufficialmente prolungato fino al 31 dicembre 2022 per lavoratori fragili e genitori con figli under 14.
Grazie ad uno studio-inchiesta di Microsoft, si sono individuate 5 pratiche principali di smart working. Andiamo a vedere quali potrebbero essere le migliori soluzioni per le aziende.
Come si è svolta la ricerca?
La ricerca è stata svolta ad inizio 2022 su un campione di 31.000 lavoratori in un contesto in cui il conflitto tra Russia e Ucraina stava già scoppiando con la relativa inflazione e crisi energetica.
Che dati sono emersi?
- oltre il 50% delle organizzazioni vuole far tornare le proprie risorse a tempo pieno nel 2023;
- in contrasto, il 52% degli intervistati vorrebbe continuare a lavorare in modalità ibrida.
Dati in linea con il fenomeno della Great Resignation, un fenomeno che dovrebbe mettere in guardia i direttori delle aziende, soprattutto PMI, in quanto molti dipendenti scelgono di dimettersi in cerca di ambienti più autonomi o direttamente mettersi in autonomia loro stessi.
E quindi c’è proprio da chiedersi, perché tutta questa preferenza per lo smart working?
Ma soprattutto, come possono le aziende affrontare la domanda delle risorse?
Guardiamo finalmente i 5 modelli possibili di lavoro agile.
Il modello Mainly Physical
Il lavoro “Mainly Physical” è praticamente il riflesso del lavoro tradizionale: si lavora principalmente in sede e il lavoro in remoto è considerato solo per occasioni di necessità.
La sede di lavoro è quindi munita di:
- spazi ampi per i lavoratori con tante postazioni individuali;
- spazi per riunioni e incontri adibiti a diverse esigenze lavorative;
I punti deboli di questo metodo, ovvero il metodo classico?
Non si va incontro ai nuovi bisogni dei lavoratori che richiedono maggiore flessibilità e agilità acquisita naturalmente negli ultimi tempi.
Il modello Activity Based
Questo modello integra sicuramente le basi dello smart working: c’è un mix di lavoro in sede e lavoro in remoto.
Per questo anche la sede risulta diversa:
- Meno spazi per il lavoro individuale;
- Più spazi per favorire l’interazione e la socializzazione con il team.
Così la sede risulta come la base creativa, un luogo dove riunirsi e alimentare il senso di identità e appartenenza all’azienda. Ovviamente, con il tempo speso in smart working, andrà poi trovato un forte equilibrio di lavoro per il team e investire in tecnologie sempre nuove.
Il modello Club House
Qui la preponderanza del lavoro agile è maggiore per cui la sede principale, comunque esistente, rimane più come luogo di momenti di rappresentanza.
Pertanto, la sede risponde al bisogno di comunicare mission e valori aziendali:
- Gli uffici si riducono in volume in quanto la maggior parte del lavoro sarà svolto da remoto;
- Investimento maggiore di sale per incontri con esterni o per attività dedicate alla formazione e al team-building.
Passando minor tempo in sede, aumenta il bisogno di organizzazione da parte dell’azienda, facendo attenzione a tenere il team ingaggiato e unito.
Il modello Hub & Spoke
Questo modello, come quello precedente, vede la maggioranza del lavoro svolto da casa o in spazi di co-working esterni, sempre più in voga.
Il nome Hub & Spoke si riferisce infatti a questa dislocazione del lavoro:
- Hub: la sede centrale che rimane il ruolo più legato all’istituzione, all’identità e alla socializzazione del team;
- Spoke(s): le sedi dislocate dove i lavoratori possano lavorare in spazi di co-working vicino casa.
Questo modello è interessante non solo per il livello di flessibilità e responsabilità data alla persona ma anche per la riduzione del tempo trascorso nel “commuting”, ovvero nel tempo impiegato a raggiungere la sede di lavoro centrale.
Il modello Fully Virtual
Adesso arriviamo al clou del lavoro agile: il fully virtual. In questo sistema si lavora praticamente quasi sempre da remoto.
La sede è vista solo come un luogo di necessità dove incontrarsi fisicamente tra colleghi e clienti mentre i momenti di socialità possono anche svolgersi al di fuori di essa.
A prima vista, questo metodo potrebbe sembrare il più interessante in quanto permette alla risorsa una libertà e una responsabilità assolutamente libera ma è doveroso riportare che con il fully virtual si è anche registrato un calo dell’engagement a livello globale da parte delle risorse.
Questo va a rimarcare come comunque rimangano importanti le attività di team-working e conoscenza delle persone con cui si lavora.
Come si gestisce lo smart working?
Forse la risposta ve l’aspettate già: non esiste un metodo migliore dell’altro. Ogni azienda deve prima analizzare le proprie necessità e le proprie capacità per asserire quale sia il modello organizzativo migliore per loro.
Ad esempio ora abbiamo il tema delle bollette, con i rincari dell’energia appresso. Le aziende dovranno riflettere: meglio tenere il lavoro in sede o ritornare a un ibrido?
Ma soprattutto, avete le tecnologie e gli strumenti giusti per mantenere in lavoro in smart working efficiente?
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