Virtualizzare il pc presenta (forse insospettati) vantaggi, tanto per gli utenti singoli, quanto per le aziende (indipendentemente dalle loro dimensioni): queste ultime riescono a contenere e ottimizzare i costi riducendo il numero delle risorse hardware necessarie (si pensi ad esempio a tutte le macchine richieste per l’archiviazione di una mole cospicua di dati in imprese con un elevato flusso di utenti), risolvendo la questione con la creazione di reti complesse composte da sole macchine virtuali; mentre per il fruitore individuale il plus consiste nell’utilizzo contestuale e sulla stessa macchina di sistemi operativi differenti (per cui, un pc su cui sia installato Windows può sfruttare pure le soluzioni proposte da Linux, un soggetto può usare Mac ma utilizzare anche alcuni software Windows di cui non esistano versioni complementari per Apple, etc.).
Il concetto alla base della Virtual Desktop Infrastructure (VDI) è quindi piuttosto semplice: si sostituisce ad un server fisico dotato di un unico sistema operativo, e quindi “mono-servizio”, un server fisico che elabora contemporaneamente tanti server virtuali, con altrettanti distinti sistemi operativi indipendenti l’uno dall’altro.
Ma la virtualizzazione non coinvolge solo i server, potendosi applicare anche ai desktop: tuttavia, se nel primo caso l’utente finale non si avvede minimamente del cambiamento (il fatto che il server precedente venga reinstallato su un altro hardware insieme ad altri –di norma ogni core di un processore può eseguire da 6 a 9 desktop virtuali, a seconda dell’impiego che si fa di ciascun dekstop- non è visibile di primo acchito, se non entrando nel CED-Centro Elaborazione Dati- dove la macchina che ha subito la virtualizzazione non c’è più), nel caso del desktop il processo non va inteso come soppressione della parte fisica (schermo, tastiera, mouse, etc.) ma come trasformazione del ruolo dell’elaboratore.
In sostanza, resta la postazione fisica, la parte hardware del computer, ma l’intelligenza viene spostata dal “case” della nostra scrivania all’hardware della sala CED. Con una potenza di calcolo enormemente amplificata…
E sono esattamente questi i vantaggi della virtualizzazione, che le hanno permesso di diventare in breve tempo una delle architetture più comunemente adottate: l’elevata capacità elaborativa dei server e il risparmio generato (sia in termini di potenza necessaria al funzionamento che al consumo per il raffreddamento) che riducono tanto l’impatto ambientale quanto i costi di gestione complessivi.
Ma non sono gli unici benefici della VDI, dal momento che si registrano anche:
- la decelerazione dell’obsolescenza, giacché il nostro pc da scrivania non dovrà più seguire l’evoluzione software (che lo rende vecchio già dopo 4-5 anni), in quanto la potenza di calcolo adoperata con la virtualizzazione sarà quella del server
- la semplicità di utilizzo: l’utente continua la sua classica routine d’impiego
- l’indipendenza dal luogo e dal momento: ci si può collegare da qualunque computer in qualunque luogo
- la gestione semplificata, che abolisce il classico rapporto 1:1 tra macchina e utilizzatore: basterà creare una sola Virtuale Machine (VM) in base alle funzioni che devono essere svolte da uno specifico “gruppo d’impiego” e ciascun utilizzatore userà come base del proprio virtual desktop la VM creata per il suo gruppo (questo significa che in un’azienda con 100 postazioni di lavoro, dove è possibile raggruppare logicamente gli utilizzatori in 5 gruppi, saranno sufficienti 5 VM adeguatamente configurate per fungere da base di partenza per il computer virtuale di ciascuno)
- la semplificazione del processo di monitoraggio degli errori delle risorse hardware
Ma è tutt’oro quello che luccica?
Possibile che la Virtual Desktop Infrastructure non abbia svantaggi o limitazioni?
In realtà, nonostante le aziende puntino alla riduzione dei costi totali di possesso dei desktop, al contenimento delle spese di aggiornamento “una tantum” degli stessi, ad un maggiore livello di sicurezza, ad una migliore esperienza d’uso, ad un controllo più rilevante degli utenti, la risposta è sì: esistono delle zone d’ombra.
E questo perché la tecnologia Vdi è ancora percepita come una soluzione troppo complessa da adottare, necessitante di una quantità di dispositivi per l’immagazzinamento e la memorizzazione dei dati (e dunque, un’entità dell’investimento economico iniziale) tale da renderla una strategia poco consona alle imprese di piccole dimensioni.
Inoltre, pare essere ancora poco diffusa una mentalità di pianificazione di aggiornamento dei desktop (in particolare quando si tratta di realtà aziendali con meno di 100 utenti).
I “rischi” sono sempre dietro l’angolo: la diminuzione dei costi complessivi potrebbe apparire troppo poco incisiva, anche a ragione dell’aumento delle spese relative a server e storage (a fronte della riduzione dei costi dei desktop).
Come fare a bypassare questi rischi?
Grazie alla soluzione proposta da Copying, azienda specializzata in Servizi di Gestione Documentale dal 1977, che ha creato una divisione dedicata specificamente alla realizzazione e alla gestione di infrastrutture virtuali per poter garantire agli utenti vantaggi in termini di efficienza, gestibilità e flessibilità.
Rivedete in questo caso quello della vostra azienda?